Via l’uranio impoverito dall’Adriatico
BARI L’uranio impoverito sui fondali del mare Adriatico costituisce una serio problema non solo per la fauna marina (e a catena sulla salute umana che si nutre di quanto pescato nelle acque contaminate), ma anche per la complessiva immagine della Puglia, terra che fa del turismo (e in particolar modo del mare) una delle sue principali risorse economiche. Il sindacato Uil, attraverso il suo segretario regionale, Aldo Pugliese, chiede ora che «sia costituito un fondo, da rinvenire nei Piani operativi regionali (Por) 2007-2013, da destinare alla bonifica integrale del litorale adriatico, previo monitoraggio e successivo dragaggio del fondale. Operazione della quale, spiega Pugliese, la Regione dovrebbe farsi carico». Sembra di essere tornati ai tempi della Seconda guerra mondiale quando in mare furono sganciate bombe cariche di un gas particolarmente tossico, l’iprite. Di quell’evento si parla ancora oggi per i problemi che l’iprite pone alle popolazioni (soprattutto ai pescatori) del basso adriatico, con particolare riferimento a quelli del Nord barese. E non è probabilmente un caso che ieri, nel corso di un evento pubblico organizzato proprio dalla Uil, tra i relatori ci fosse il professor Giorgio Assennato, docente di Igiene del lavoro, il quale ha lavorato molto sui problemi (per la salute) legati alla presenza di iprite nel Mediterraneo. Questi 60 anni prima di arrivare ad un’altra guerra, in questo caso nei Balcani, sono legati tragicamente con un filo rosso. Allora era l’iprite, ora l’uranio impoverito. «Dopo i 45 morti accertate – ha accusato Pugliese – per linfomi e altre forme di tumore tra i militari che hanno prestato servizio nei Balcani negli anni scorsi, nessuno ha ancora avuto il coraggio di dire basta e di affrontare la questione in termini davvero seri». Una constatazione amara di fronte alla quale, tuttavia, il sindacato non è restato inerte, avviando un’azione di denuncia che è finita nelle aule di giustizia e, in questo momento, fa registrare una coda. La Uil, infatti, si sta opponendo alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulle presunte responsabilità dei ministri della Difesa che si sono avvicendati da quando c’è stata la partecipazione italiana alla guerra nel Kosovo. Sull’opposizione, manifestata attraverso l’avvocato Putignano, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Chiara Civitano, si è riservata di decidere. Si parla di reati che vanno dall’omicidio colposo alle lesioni personali gravissime a carico dei militari (tra i quali alcuni pugliesi) che sono stati inconsapevolmente esposti, durante le operazioni di guerra, all’azione dell’uranio impoverito. All’evento di ieri, organizzato dalla Uil hanno partecipato anche il presidente dell’associazione vittime arruolate nelle Forze armate e famiglie dei combattenti (già sottosegretario della Difesa nel governo Craxi), Falco Accame e Salvatore Pilloni, padre di un militare sardo vittima dell’uranio impoverito, al quale è stata consegnata una targa ricordo. Giuseppe Armenise