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Diritto Comunitario

La responsabilità del prestatore di servizi nella direttiva 2000/31/CE

lI legislatore comunitario, dopo oltre un decennio di acceso dibattito, ha regolamentato la posizione giuridica del prestatore di servizi della società dell’informazione con la direttiva 2000/31/CE (di recente recepita nel nostro ordinamento), con la quale si intende altresì favorire lo sviluppo dei servizi offerti n line, mediante la rete telematica. 
Tale disciplina tende a garantire anche in tale settore il rispetto dei principi fondativi della libertà di mercato, quali la diligenza, correttezza, adeguata nformazione e composizione equilibrata degli interessi in conflitto.
Il provider, fornitore (libero e non soggetto ad alcuna autorizzazione preventiva) del sito, consente agli utenti, che ne facciano richiesta, di accedere alla rete e di volgervi tutte le attività connesse.

La molteplicità delle attività che l’utente può svolgere, ha posto l’esigenza d’individuare il ruolo e la funzione del provider, e soprattutto i presupposti e le ondizioni per la configurazione di eventuali profili di responsabilità dello stesso.
In particolare si è discusso se tale soggetto sia un mero fornitore di connessione, imitandosi solo a mettere a disposizione il proprio sito ad altri, o se, invece, lo svolgimento del servizio di collegamento telematico non sottoponga lo stesso a recisi vincoli ed obblighi.
Numerosi sono gli illeciti configurabili in rete come, gli atti di concorrenza sleale, l’uso illecito di marchio registrato, atti di pubblicità menzognera, violazione del diritto d’autore, diffusione non consentita d’immagini, lesione dei diritti alla riservatezza e all’immagine, violazione del trattamento dei dati personali etc.; e pertanto in tale contesto è necessario verificare se accanto alla responsabilità dell’autore del fatto si possa configurare anche una responsabilità aquiliana del provider.
Tale questione ha visto in passato alternarsi tesi negatrici, dirette ad escludere qualunque forma di coinvolgimento del provider, e orientamenti invece affermativi, tendenti ad ammettere la responsabilità del suddetto professionista per fatti illeciti realizzati da terzi con il mezzo telematico.
Anche la giurisprudenza, in realtà, è apparsa incerta e divisa tra la configurabilità in capo al provider di una responsabilità oggettiva fondata sulla culpa in vigilando e l’esclusione assoluta di qualunque tipo di responsabilità per i essaggi e le comunicazioni che circolano in rete.
Nel primo senso si è espressa un’ordinanza del Tribunale di Napoli del 1996, che, occupandosi di un atto di concorrenza sleale, realizzato mediante diffusione di messaggi pubblicitari, ha assimilato la responsabilità del provider a quella gravante n capo al direttore di una testata giornalistica, ex art. 30 l. 223/90.
Si è fatto però criticamente rilevare che l’equiparazione del provider a tale figura professionale risulta fuorviante ed irrazionale, poiché mentre su quest’ultimo incombe per legge un dovere di controllo e vigilanza sui dati e sulle informazioni immessi, analogo dovere diversamente non si riscontra in capo al fornitore di rete, emplice intermediario per la connessione telematica.
Una diversa pronuncia del Tribunale di Roma del 1998 ha invece accolto la tesi negativa, definendo correttamente il provider quale <<centralinista o meglio postino>>, il quale per tale motivo non può essere tenuto a controllare i siti, overe gravante piuttosto sul gestore del sito.
In questo quadro d’incertezza viene da ultimo adinserirsi la normativa comunitaria, che fissa alcune regole di sicuro rilievo.

L’art. 15 afferma in modo inequivocabile l’assenza in capo al prestatore, sia di n <<obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che vengono trasmesse o emorizzate>>, sia di un <<obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite>>.
Pertanto il prestatore è esente da responsabilità purché però non ricorrano le condizioni poste dagli artt. 12, 13, 14, verificatesi le quali risorge a suo carico una presunzione di colpa, dalla quale il suddetto professionista può liberarsi solo mostrando che l’illecito non è ascrivibile a comportamenti commissivi o omissivi, oggetto di tipizzazione normativa.

Il provider in pratica non deve dare origine alla trasmissione illecita, selezionare o modificare le informazioni trasmesse, a condizione di agire prontamente per imuovere le informazioni memorizzate o disabilitarne l’accesso.
In sintesi egli dovrà eseguire la propria obbligazione secondo la diligenza richiesta, dovere generale nell’adempimento di un contratto.

Avv. Valeria Putignano